La Commissione Cultura del Parlamento Europeo raccomanda l’adozione di Biblioshare

Notizia fresca fresca di oggi: la Commissione Cultura del Parlamento Europeo raccomanda a tutte le biblioteche pubbliche dei 27 Paesi dell’Unione Europea l’adozione di Biblioshare come ulteriore veicolo di diffusione della lettura e di conoscenza reciproca tra cittadini. Non si conoscono ancora tutti i dettagli di questo “strong advice”, tuttavia, nell’articolo che parla di questo argomento si evidenziano gli aspetti relativi al basso costo di adozione ed alla facile implementazione della piattaforma di prestito libri.
Commissione Cultura Parlamento Europeo
Free your books“, ovvero il nostro motto “Libera i tuoi libri”, accompagnato dal positivo effetto collaterale di persone che conoscono altre persone semplicemente scambiandosi dei libri, sono probabilmente i punti che hanno determinato questo endorsement da parte della Commissione Cultura.
Stay tuned, nei prossimi giorni ulteriori aggiornamenti.

Neil Gaiman e le biblioteche

bibliotecaProprio di recente ci siamo imbattuti in un post su Facebook da parte degli amici della biblioteca condominiale di via Rembrandt 12 a Milano che ci ha fatto prepotentemente tornare alla memoria l’appassionato discorso che lo scrittore inglese Neil Gaiman, ormai qualche anno fa – nel 2013 -, aveva tenuto per The Reading Agency, associazione di volontariato che si propone di promuovere la lettura, con particolare riferimento alle biblioteche.
Qui il link all’articolo sul sito della Reading Agency, con il link anche al video Youtube, qui l’articolo originale sul Guardian del 15 ottobre 2013, mentre qui di seguito la traduzione in italiano del discorso, copiato (sì, copiato integralmente) dall’interessante blog di Roberto Sedda, che non conosciamo, e che doverosamente dobbiamo ringraziare.

È importante che le persone dichiarino da che parte stanno e perché, e se possano essere di parte. Una dichiarazione di conflitto di interessi, o qualcosa del genere. Quindi io sto per parlarvi del leggere, sto per dirvi che le biblioteche sono importanti. Sto per suggerirvi che leggere narrativa, leggere per passione, è una delle cose più importanti che possiamo fare. Sto per fare un appassionato appello perché la gente capisca ciò che le biblioteche e i bibliotecari costituiscono, e per preservarli entrambi.
Ed io sono ovviamente ed enormemente di parte; sono un autore, spesso un autore di narrativa. Scrivo per bambini e adulti. Per circa trent’anni mi sono guadagnato da vivere attraverso le mie parole, principalmente inventando cose e mettendole per iscritto. È ovviamente nel mio interesse che le persone leggano, che leggano narrativa, che le biblioteche e i bibliotecari esistano e aiutino a far nascere l’amore per la lettura e luoghi in cui si possa leggere.
Quindi sono di parte in quanto scrittore. Ma lo sono di più, molto di più come lettore. E sono ancora più di parte in quanto cittadino britannico.
E sono qui stanotte a parlare sotto gli auspici della Reading Agency: un ente benefico il cui scopo è quello di dare a ciascuno una eguale possibilità nella vita aiutando le persone a divenire lettori fiduciosi e entusiasti. Che sostiene programmi di alfabetizzazione e biblioteche e individui e puramente e arbitrariamente incoraggia l’atto del leggere. Perché, a quanto dicono, tutto cambia quando leggiamo.
Ed è quel cambiamento, e quell’atto di leggere di cui sono qui a parlarvi stanotte. Voglio discutere ciò che la lettura fa. Ciò a cui serve.
Mi è capitato di essere a New York una volta, e di ascoltare una conferenza sulla costruzione di carceri private – un’industria in forte crescita in America. L’industria delle prigioni ha bisogno di pianificare la sua crescita futura: di quante celle avranno bisogno? Quanti carcerati ci saranno, di qui a quindici anni? E hanno scoperto che lo possono prevedere con facilità, utilizzando un algoritmo molto semplice basato sulla percentuale di ragazzi di dieci e undici anni che non sanno leggere. E che certamente non leggono per piacere.
Non è una corrispondenza perfetta: non si può dire che una società alfabetizzata non ha criminalità. Ma ci sono delle correlazioni molto precise.
Ed io penso che alcune di queste correlazioni, le più semplici, hanno origine in qualcosa di molto semplice. Le persone capaci di leggere leggono narrativa.
La narrativa ha due utilizzi. Prima di tutto da assuefazione alla lettura. La spinta a scoprire cosa accade dopo, il voler girare la pagina, il bisogno di andare avanti anche se è difficile, perché qualcuno è nei guai e devi sapere come va a finire… questa è una motivazione molto forte. E ti costringe a imparare nuove parole, pensare nuove idee, per andare avanti. Scoprire che il leggere è in sé piacevole. Una volta che lo impari sei pronto a leggere qualunque cosa. E il leggere è la chiave. Ci sono stati brevi accenni, qualche anno fa, riguardo l’idea che ci trovassimo a vivere in un mondo post-letterato, in cui l’abilità di interpretare la parola scritta fosse in qualche modo ridondante, ma quei giorni sono passati: le parole sono più importanti di quanto siano mai state: navighiamo il mondo con parole, e man mano che le parole scivolano sulla rete abbiamo bisogno di seguirle, per comunicare e comprendere ciò che leggiamo. Le persone che non possono capirsi le une le altre non possono scambiarsi idee, non possono comunicare, e i programmi di traduzione arrivano solo fino a un certo punto.
Il modo più semplice di essere sicuri di far crescere dei bambini istruiti è di insegnare loro a leggere, e mostrargli che il leggere è una attività piacevole. E questo vuol dire, nella sua forma più semplice, trovare libri che gli piacciono, dare loro accesso a questi libri, e lasciare che li leggano.
Non penso che ci sia qualcosa come un cattivo libro per ragazzi. Ogni tanto diventa di moda fra qualche adulto individuare un sottoinsieme di libri per ragazzi, un genere, magari, o un autore, e dichiarare che sono cattivi libri, libri che ai ragazzi dovrebbe essere impedito di leggere. L’ho visto capitare più e più volte; Enid Blyton fu dichiarata una cattiva lettura, e così R.L. Stine, e così dozzine di altri. Ai fumetti fu imputato di far crescere l’analfabetismo.
Sono cretinate. È snobismo ed è stupidità. Non ci sono cattivi autori per ragazzi se ai ragazzi piacciono e vogliono leggerli e li cercano, poiché ogni ragazzino è differente. Sono capaci di trovare le storie di cui hanno bisogno, e portano se stessi alle storie. Un’idea trita e ritrita non è trita e ritrita per loro. Questa è la prima volta che il bambino la incontra. Non dovete scoraggiare i ragazzi dal leggere solo perché vi sembra che stiano leggendo la cosa sbagliata. La narrativa che non vi piace può essere la strada verso altri libri che preferite. E non tutti hanno il vostro stesso gusto.
Degli adulti benintenzionati possono distruggere con facilità l’amore di un ragazzo per la lettura: impeditegli di leggere ciò che gli piace, o date loro i libri ben fatti-ma-noiosi che piacciono a voi, l’equivalente del 21° secolo della letteratura “educativa” vittoriana. Finirete con l’avere una generazione convinta che leggere sia poco attraente e peggio, spiacevole.
Noi abbiamo bisogno che i nostri figli salgano sulla scala della lettura: qualunque cosa che gli piaccia li porterà in alto, gradino dopo gradino, alla cultura. (Oltre a questo non fate come il sottoscritto che quando la sua figlia di undici anni si appassionò a R.L. Stine prese e le portò una copia di Carrie di Stephen King, dicendole se ti son piaciuti quelli adorerai questo! Holly non ha letto altro se non storie rassicuranti di pionieri e praterie per tutta l’adolescenza, e tuttora mi guarda con furore quando si menziona Stephen King).
E la seconda cosa che la narrativa fa è quella di costruire empatia. Quando si guarda la TV o si vede un film si assiste a cose che succedono ad altre persone. La narrativa in prosa è qualcosa che si costruisce da ventisei lettere e una manciata di segni di interpunzione e dalla quale tu, tu solo, usando la tua immaginazione, crei un mondo e lo popoli e lo osservi attraverso altri occhi. Arrivi a provare sensazioni, visiti luoghi e mondi che altrimenti non conosceresti. Impari che ognuno là fuori è anche un io. Tu sei qualcun altro e quando ritorni al tuo proprio mondo sarai un pochino cambiato.
L’empatia è un attrezzo per unire le persone in gruppi, che ci permette di funzionare come qualcosa di più che individui concentrati solo su noi stessi.
Si scopre anche qualcosa, man mano che si legge, di vitale importanza per farti strada nel mondo. Ed è questo:
Il mondo non deve necessariamente essere così. Le cose possono essere diverse.
Sono stato in Cina nel 2007, alla prima convention di fantascienza e fantasy approvata dal Partito nella storia cinese. A un certo punto presi da parte un importante funzionario e gli chiesi: perché? La fantascienza era stata disapprovata per un tempo molto lungo. Cos’era cambiato?
È semplice, mi disse. I cinesi erano brillanti nel costruire cose se altre persone gli fornivano i progetti. Ma non innovavano e non inventavano. Non avevano immaginazione. Così inviarono una delegazione negli USA, alla Apple, alla Microsoft, a Google, e interrogarono le persone che stavano inventando il futuro circa loro stessi. E scoprirono che tutti avevano letto fantascienza quando erano ragazzi e ragazze.
La narrativa può mostrarti un mondo differente. Può portarti da qualche parte dove non sei mai stato. Una volta che hai visitato altri mondi, come coloro che assaggiarono il cibo delle fate, non puoi essere mai completamente a tu agio nel mondo in cui sei cresciuto. Lo scontento è una buona cosa: le persone scontente possono modificare e migliorare i loro mondi, lasciarli migliori, lasciarli differenti.
E dal momento che siamo in argomento, vorrei dire qualche parola sull’escapismo. Sento che l’espressione è rigettata come se fosse una brutta cosa. Come se la narrativa “escapista” fosse un oppiaceo a buon mercato usato dai confusi e dagli stolti e dagli illusi e l’unica narrativa meritevole, per adulti e ragazzi, fosse quella realistica, che rispecchia il peggio del mondo in cui il lettore si trova.
Se voi foste intrappolati in una situazione priva di vie d’uscita, in un luogo sgradevole, con persone che vi vogliono male, e qualcuno vi offrisse un sollievo momentaneo, perché non prenderlo? La narrativa di fantasia è esattamente questo: una finzione che apre una porta, mostra il sole all’esterno, vi dà un luogo dove voi avete il controllo e state con persone con cui volete stare (e i libri sono posti reali, fate bene attenzione); e ciò che è più importante durante la vostra fuga i libri vi danno anche informazioni circa il mondo e la vostra situazione, vi danno armi, vi danno corazze: cose reali che potete riportare nella vostra prigione. Abilità e conoscenze e attrezzi che potete usare per scappare per davvero.
Come J.R.R. Tolkien ci ha ricordato, le sole persone che protestano veementemente contro le fughe sono i carcerieri.
Un altro modo per distruggere l’amore di un ragazzo per la lettura, ovviamente, è di fare in modo che non ci siano libri di alcun genere in giro. E non dargli nessun posto dove leggere quei libri. Io sono stato fortunato. Durante la mia crescita io ho avuto a disposizione una eccellente biblioteca locale. Avevo il tipo di genitori che si lasciavano convincere a scaricarmi alla biblioteca sulla strada per il lavoro durante l’estate, e il tipo di bibliotecari ai quali non dava fastidio un ragazzetto non accompagnato che ricompariva nella sezione per ragazzi tutte le mattine dove si faceva strada nel catalogo alla ricerca di libri con fantasmi o magia o razzi, alla ricerca di vampiri o investigatori o streghe o meraviglie. E quando finii di leggere la biblioteca per ragazzi iniziai i libri per gli adulti.
Erano dei bravi bibliotecari. Gli piacevano i libri e gli piaceva che i libri venissero letti. Mi insegnarono come ordinare libri in altre biblioteche il prestito interbibliotecario. Non avevano snobismi a proposito di qualunque cosa leggessi. Sembrava che semplicemente fossero contenti che ci fosse questo ragazzino con gli occhi sgranati che amava leggere, e si fermavano a parlare dei libri che stavo leggendo, mi trovavano gli altri di una serie, mi aiutavano. Mi trattavano come un altro lettore – niente di meno e niente di più – il che voleva dire mi trattavano con rispetto. Non ero abituato a  essere un bambino di otto anni trattato con rispetto.
Ma le biblioteche hanno a che fare con la libertà. Libertà di leggere, libertà di pensiero, libertà di comunicare. Hanno a che fare con l’istruzione (che non è un processo che finisce il giorno che lasciamo la scuola o l’università), con l’intrattenimento, con la creazione di spazi sicuri, e con l’accesso all’informazione.
Mi preoccupa che nel 21° secolo le persone non capiscano ciò che le biblioteche sono e il loro scopo. Se voi vedete una biblioteca come uno scaffale di libri, può apparire antiquata o sorpassata in un mondo in cui molti, ma non tutti, i libri in circolazione esistono digitalmente. Ma questo è mancare il punto principale.
Io penso che abbia a che fare con la natura dell’informazione. L’informazione ha un valore, e l’informazione giusta ha un valore enorme. Per tutta la storia dell’uomo noi abbiamo vissuto in una condizione di scarsità di informazioni, e avere la giusta informazione è stato sempre importante, e sempre degno di qualche valore: quando piantare le colture, dove trovare le cose, mappe e storie e racconti – sono sempre stati utili per un pasto e per la compagnia. L’informazione era un oggetto prezioso, e coloro che la possedevano o potevano ottenerla potevano farsi pagare per quel servizio.
Negli ultimi anni ci siamo spostati da un’economia di scarsità informativa a una caratterizzata da sazietà. Secondo Eric Schmidt di Google, oggi ogni due giorni la razza umana crea tanta informazione quanta ne abbiamo creato dall’alba della civiltà fino al 2003. Sono circa cinque Exabyte di dati (1 Exabyte = 1 miliardo di Giga, NdRufus) al giorno, per quelli di voi che tengono i conti. La sfida diviene non più trovare la rara pianta che cresce nel deserto ma trovare una specifica pianta nella giungla. Avremo bisogno di aiuto nel navigare le informazioni per trovare quella che effettivamente ci serve.
Le biblioteche sono posti dove le persone vanno per avere informazione. I libri sono solo la cima dell’iceberg dell’informazione: sono nelle biblioteche e lì vi vengono forniti gratuitamente e legalmente. Ci sono più ragazzi che prendono libri in prestito di quanti ce ne siano mai stati – libri di ogni genere: cartacei e digitali e audio. Ma le librerie sono anche, per esempio, posti dove persone che non hanno un computer, che sono prive di connessioni internet, possono navigare sulla rete senza pagare: particolarmente importante quando il modo con cui ottieni informazioni sulle offerte di lavoro, fai domanda per un lavoro o fai domanda per dei servizi sociali è in maniera crescente un sistema esclusivamente online. I bibliotecari possono aiutare queste persone a navigare quel mondo.
Io  non credo che tutti i libri migreranno o dovrebbero migrare su uno schermo: come Douglas Adams mi fece notare una volta, più di vent’anni prima della comparsa del Kindle, un libro è come uno squalo. Gli squali sono antichi: c’erano squali negli oceani prima dei dinosauri. E il motivo per cui ci sono ancora squali in giro è che gli squali sono più bravi ad essere squali di chiunque altro. I libri cartacei sono solidi, difficili da distruggere, resistenti ai bagni, operati con energia solare, e stanno bene in mano: sono bravi ad esser elibri, e ci sarà sempre un posto per loro. Appartengono alle biblioteche. tanto quanto le biblioteche sono divenute luoghi dove si può andare per avere accesso a libri elettronici, audiolibri e DVD e contenuti della rete.
Una libreria è un luogo che è un deposito di informazione al quale ogni cittadino ha un accesso uguale. Questo comprende l’informazione medica. E l’informazione sui disturbi mentali. È uno spazio comunitario. È un luogo di sicurezza, un rifugio dal mondo. È un posto con dentro dei bibliotecari. Ciò che le biblioteche del futuro saranno è qualcosa che dovremmo iniziare a immaginare adesso.
L’alfabetizzazione è ora più importante che mai, in un mondo di messaggi ed e-mail, un mondo di informazione scritta. Abbiamo bisogno di leggere e scrivere, abbiamo bisogno di cittadini globali che sanno leggere con facilità, comprendono ciò che leggono, capiscono le sfumature, e si fanno capire.
Le biblioteche sono davvero le porte del futuro. È percio sfortunato che, nel mondo, vediamo che ci sono governi che vedono l’occasione di chiudere le biblioteche come un modo facile di risparmiare denaro, senza capire che stanno rubando al futuro per pagare per l’oggi. Stanno chiudendo i cancelli che dovrebbero aprire.
Secondo uno studio recente della Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, l’Inghilterra è «il solo paese in cui il gruppo più anziano ha competenze più alte del gruppo più giovane sia nella capacità di leggere e scrivere che di far di conto, dopo che si sono presi in considerazione altri fattori quali il genere, le condizioni socio-economiche e il tipo di occupazione».
Detto in altro modo, i nostri figli e nipoti sono meno alfabetizzati e meno capaci di far di conto di noi. Sono meno capaci di navigare il mondo, di capirlo e di risolvere problemi. Gli si può può facilmente mentire e ingannarli, saranno meno capacvi di cambiare il mondo in cui si trovano, otterranno meno lavori. Tutte queste cose. E come paese l’Inghilterra rimarrà indietro rispetto ad altri paesi sviluppati perché si troverà senza una forza di lavoro specializzata.
I libri sono il modo con cui comunichiamo con i morti. Il modo con cui impariamo lezioni da coloro che non sono più con noi, con cui l’umanità ha costruito su se stessa, progredito, reso la conoscenza incrementale piuttosto che qualcosa che deve essere reimparata, volta dopo volta. Ci sono racconti che sono più vecchi della maggior parte dei paesi, racconti che hanno sorpassato di gran lunga le culture e le costruzioni in cui vennero narrati la prima volta.
Penso che abbiamo responsabilità verso il futuro. Responsabilità e obblighi nei confronti dei ragazzi, degli adulti che questi ragazzi diverranno, del mondo in cui si troveranno ad abitare. Tutti noi – come lettori, come scrittori, come cittadini – abbiamo dei doveri. Ho pensato che avrei voluto provare oggi a dire chiaramente alcuni di questi doveri.
Penso che abbiamo il dovere di leggere per piacere, in privato e nei luoghi pubblici. Se leggiamo per piacere, se altri ci vedono leggere, allora impariamo, esercitiamo la nostra immaginazione. Mostriamo ad altri che la lettura è una buona cosa.
Abbiamo il dovere di sostenere le biblioteche. Usare le biblioteche, incoraggiare altri a usare le biblioteche, protestare per la chiusura di biblioteche. Se non si dà valore alle biblioteche allora si svaluta l’informazione o la cultura o la saggezza. Si sta silenziando le voci del passato e danneggiando il futuro.
Abbiamo il dovere di leggere ad alta voce ai nostri bambini. Leggergli cose che gli piacciano. Leggergli storie che ci hanno già stancato. Fare le vocine, rendere la cosa interessante, e non smettere di leggere loro dei libri solo perché hanno imparato a leggere da soli. Usate la lettura a voce alta come un tempo di legami, un tempo in cui non si controllano i celllari, in cui le distrazioni del mondo sono messe da parte.
Abbiamo il dovere di usare la lingua. Di sforzarci: scoprire cosa vogliono dire le parole  e come schierarle, per comunicare con chiarezza, per dire ciò che intendiamo. Non dobbiamo tentare di congelare la lingua, o di fingere che sia una cosa morta che deve essere riverita, ma dovremmo usarla come una cosa viva, che scorre, che prende in prestito parole, che permette ai significati e alle pronunce di variare col tempo.
Noi scrittori – e specialmente scrittori per ragazzi, ma tutti gli scrittori – abbiamo un dovere nei confronti dei nostri lettori: è il dovere di scrivere cose vere, particolarmente importante quando creiamo racconti di persone che non esistono in posti che mai sono stati – capire che la verità non sta in ciò che succede ma in ciò che ci dice chi siamo. La finzione narrativa è una menzogna che dice la verità, dopo tutto. Abbiamo il dovere di non annoiare il lettore, ma di fargli nascere il bisogno di girare la pagina. Una delle cure migliori per un lettore riluttante, dopotutto, è un racconto che non sa impedirsi di continuare a leggere. E se dobbiamo dire ai nostri lettori la verità e dargli armi e dargli corazza e trasmettere quel tanto di saggezza che abbiamo distillato dalla nostra breve sosta in questo verde mondo, abbiamo il dovere di non predicare, non dare lezioni, non forzare morali e messaggi predigeriti giù per la gola dei lettori come uccelli adulti che nutrono i loro piccoli di vermi già masticati; e abbiamo il dovere di non scrivere mai per i bambini, mai, in nessuna circostanza, qualcosa che noi non vorremmo leggere per noi.
Abbiamo il dovere di capire e di riconoscere che come autori per ragazzi stiamo facendo un lavoro importante, perché se facciamo un pasticcio e scriviamo libri noiosi che allontanano i ragazzi dalla lettura e dai libri, abbiamo diminuito il nostro futuro e impoverito il loro.
Noi tutti – adulti e bambini, scrittori e lettori – abbiamo l’obbligo di sognare a occhi aperti. Abbiamo il dovere di immaginare. È facile far finta che nessuno può cambiare niente, che viviamo in un mondo in cui la società è gigantesca e l’individuo è meno di niente; un atomo nel muro, un chicco di riso in un campo di riso. Ma la verità è che gli individui possono cambiare il proprio mondo più e più volte, gli individui fanno il futuro, e lo fanno immaginando che le cose possono essere dfferenti.
Guardatevi intorno: lo dico sul serio. Fermatevi per un momento e guardate la stanza in cui vi trovate. Voglio far notare qualcosa di così ovvio che si tende a dimenticarlo. È questo: tutto ciò che potete vedere, compresi i muri, è stato in un certo momento imamginato. Qualcuno decise che era più comodo sedere su uan sedia che per terra e immaginò la sedia. Qualcuno dovette immaginare un modo che io vi potessi parlare qui a Londra adesso senza che tutti noi fossimo bagnati dalla pioggia. Questa stanza e tutte le cose che contiene, e tutte le altre cose in questo edificio, in questa città, esistono perché ancora e ancora e ancora le persone immaginarono le cose.
Abbiamo un obbligo a rendere belle le cose. Non lasciare il mondo più brutto di come l’abbiamo trovato, non svuotare gli oceani, non lasciare i nostri problemi alla prossima generazione. Abbiamo l’obbligo di lasciare pulito, e di non lasciare ai nostri figli un mondo che miopemente abbiamo complicato, impoverito e storpiato.
Abbiamo il dovere di dire ai nostri politici ciò che vogliamo, di votare contro i politici di qualunque partito che non capiscono il valore della lettura per creare cittadini degni di questo nome, che non vogliono agire per preservare e proteggere la conoscenze e incoraggiare l’uso dei libri. Questa non è questione di politica di partito. È una questione di comune umanità.
Ad Albert Einstein venne chiesto una volta come si potessero rendere intelligenti i nostri bambini. La sua risposta fu a un tempo semplice e saggia. «Se volete che i vostri figli siano intelligenti», disse, «leggetegli le favole. Se volete che i vostri figli siano più intelligenti, leggetegli più favole». Capiva l’importanza della lettura, e dell’immaginazione. Spero che possiamo dare ai nostri ragazzi un mondo in cui leggeranno e in cui gli si leggerà, e immagineranno, e capiranno.

La lettura di questo discorso è molto stimolante e foriera di molti spunti che avremo magari occasione di riprendere prossimamente. È certo anche che, alla luce di tutte queste considerazioni, ci farebbe piacere conoscere il pensiero di Neil su di noi, su Biblioshare.

Nuove community nascono

Bookstore solidale, NOLO biblioteca diffusa, Napoli piazza del Gesù

Eccole qui tutte assieme! Sono le community sorte in queste prime settimane del 2017.
Due community a Milano: il Bookstore solidale e la biblioteca diffusa di NOLO, il quartiere di Milano a NOrd di LOreto.
E la prima community di Napoli: Napoli piazza del Gesù.

Il Bookstore solidale, in via Porpora 43/45, è uno spazio riconvertito in una vera e propria libreria, in cui coinvolgere cittadinanza e utenza nell’ottica di usare la cultura e la letteratura quale strumento di inclusione sociale, socializzazione e di veicolo di conoscenza.
NOLO è invece un quartiere multietnico di Milano, in pieno rilancio, che si sta dando una nuova immagine (a partire dal nome che fa tanto New York), e che crede molto nella forza della community.
La prima community di Napoli è una comunità aperta, convenzionale, con centro proprio in piazza del Gesù, punto centrale della città alla quale molti napoletani potranno fare riferimento.

Auguriamo loro tanto successo naturalmente, con l’inserimento di tanti libri e tanti scambi tra gli iscritti, che avranno un motivo in più per conoscersi e tessere relazioni.

Due candeline da soffiare per biblioShare

secondo compleanno biblioShareOggi spengo due candeline! Due anni di biblioShare!
Un’attività gratuita, impegnativa, quotidiana, costante, che mira a diffondere la lettura e la conoscenza tra le persone.
Con alti e bassi, di gloria e di quotidianità, di espansione in altre community e di comunità che non crescono, di eventi a cui mi invitano e di indifferenza da parte di chi non legge, di gioia da parte di molti e di invidia da parte di alcuni, di qualche perplessità da parte di qualche editore e di applausi di chi ha risparmiato qualche euro, di richieste di implementazioni inaspettate e di qualcuno che non ha capito che cosa sono…
Nascevo due anni fa a Rogoredo, un quartiere di periferia a Milano. Lì sono conosciuta, apprezzata e amata, e sono forte: solo nella community di Rogoredo Santa Giulia i libri condivisi sono 9000, tantissimi, più di quanti tante biblioteche ospitino. E lì, un po’ di persone che non si conoscevano, ora si sono conosciute, grazie a me. Alcune di loro hanno addirittura stretto amicizia, forti di qualcosa che li accomunava e che non potevano immaginare cosa fosse. E questa è la mia soddisfazione più grande: contribuire a far socializzare chi vive nel quartiere.
A novembre ho partecipato a Bookcity 2016, con tanti amici, e lì ci siamo raccontati, e abbiamo illustrato i nostri progetti per il futuro.
Insomma, sto crescendo, e vorrei che tanti mi conoscessero, sempre di più.

Milano, 1 febbraio 2017

biblioShare

Link simili: buon compleanno biblioShare

… se un libro ti prende è come una droga

leggere è come drogarsiChiariamo subito una cosa: leggere è un piacere e non un dovere, almeno quando sei uscito dallo status di studente.
Gianni Rodari diceva che “il verbo leggere non sopporta l’imperativo”.
In effetti leggere non è sinonimo di studiare, anche se c’entra con l’imparare.
Pennac, nel suo famoso decalogo del lettore, cita per primo “il diritto di non leggere”.
E ci dice anche che abbiamo il diritto di leggere ovunque.
Alcune persone non possono leggere se non sono in un ambiente confortevole, riservato, silenzioso. Sono disturbate dal rumore, dalle interruzioni, da ogni minimo ostacolo alla propria concentrazione.
Altre leggono in condizioni estreme estraniandosi completamente dal mondo : cullati dal rumore del treno, in viaggio di piacere o da pendolari, oppure al parco tra urli e schiamazzi di ragazzini.
Leggono nelle sale di aspetto e nelle stanze di ospedale, o appesi ad una maniglia della metro in equilibrio precario.
Leggono smozzicando un panino seduti alla scrivania nell’intervallo, ma anche camminando per strada con il rischio di pericolose collisioni coi passanti.
La verità è che se un libro ti prende è come una droga.
Ti cattura irreparabilmente e non riesci a staccarti, con rammarico interrompi la lettura dopo avere rimandato il più possibile il momento della sospensione di questa pratica.
Così un giorno preferisci il bagno alla doccia, perché nella vasca si può leggere.
Oppure una sera fai le due di notte perché devi finire un pezzo veramente avvincente, nonostante la mattina dopo ti svegli rimbambito ma sognante, perché ti sei addormentato bene, con la testa piena della storia che stai leggendo e ancora vuota delle tue quotidiane preoccupazioni.
E viaggi con il tuo libro ovunque tu vada e qualunque cosa tu faccia, perché prima o poi troverai cinque minuti per proseguire…

Mai un libro, un cinema, una mostra. Un italiano su 5 a completo digiuno di cultura.

la cultura e gli italianiQuesto il titolo di un articolo letto nei giorni scorsi su l’Inkiesta, a firma Beniamino Andrea Piccone. L’incipit è il seguente:
“L’Istituto nazionale di statistica – Istat – ha rilevato il 2016 un anno record (conteggiando quanto l’italiano spende in cultura, dati dal 1993 al 2016) per la partecipazione culturale. In ogni caso la quota destinata alla cultura rimane sotto il 7%. Un po’ poco.
Inoltre, ciò che deve preoccupare è uno zoccolo duro di italiani, il 18,6% della popolazione, che l’anno scorso non ha mai aperto un giornale, un libro, non è mai andato al cinema o a teatro. Neanche a ballare o allo stadio. …”
Andando a vedere più in dettaglio le statistiche Istat, scopriamo che quel 18,6%, il quinto di cui si parla nel titolo, aumenta progressivamente scendendo verso l’Italia del Sud, dove arriva a sfiorare il 29% della popolazione, è donna (cosa che contraddice invece le statistiche di utilizzo della nostra piattaforma) ed abita prevalentemente nei piccoli centri.
Leggendo per intero questo articolo si avrebbero diversi spunti per dibattere su cosa fa la politica per incentivare la cultura (“votano anche loro”) e sul sempre attuale pensiero di Umberto Eco che diceva : “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività”).
Noi di BiblioShare spesso torniamo su questi dati statistici, raccontando purtroppo sempre di scenari poco entusiasmanti. Naturalmente non possiamo fare altro che essere ancora più determinati nel nostro obiettivo di diffondere la cultura e la lettura in particolare.
Oggettivamente non è facile, e ce ne rendiamo conto proprio perché questi dati sono reali.
Continueremo a fare il punto della situazione su questo argomento perché rappresenta un punto di vista importante di come “progredisce” il nostro Paese e di quanto lavoro c’è da compiere.

Open (minded)

Open Agassi Biblioshare
Di solito non leggo le autobiografie degli sportivi. Non perché la loro vita non sia interessante, ma perché credo che gliela scrivano altri e inevitabilmente ci mettano un filtro.
Così, se sono in una libreria, succede che passo oltre, curiosando tra altri generi su altri scaffali.
Devo ammettere che ho una sorta di pregiudizio sulle storie dei grandi campioni.
Non sono nemmeno particolarmente appassionata di tennis, ma un amico mi ha detto “leggilo, è un libro bellissimo”. Aveva ragione.
Ve lo spiego partendo dalla fine.
Nei suoi ringraziamenti Andre Agassi spiega di aver chiesto molte volte a J.R. Moehringer di mettere il suo nome su questo libro, ma il giornalista e scrittore gli ha risposto che non era il caso di apporre la sua firma sulla vita di un altro.
Questo è il libro di Andre, della sua gente, della sua famiglia, delle sue battaglie, delle imposizioni del padre che l’ha spinto ossessivamente a usare il suo talento.
Delle sue ribellioni di adolescente, degli short di jeans e del taglio con le meches da mohicano, dell’orecchino nascosto col cerotto tipico dei mille adolescenti che cercano la loro identità.
Dell’uomo che, trentaseienne, prima di sfidare Baghdatis riflette sulla sua pelata e sui capelli fluenti del suo avversario, su quanto è inquietante guardarlo, in un corpo ventenne, che fa stretching prima della sfida mentre lui ha ovattato il dolore lancinante alla schiena con un’iniezione di cortisone e ha chiuso i suoi calli in ciambelle di gommapiuma.
E’ la storia di una vita intensa, fatta di vittorie, di lacrime e sudore, di dolore fisico e mentale, della fatica di diventare un campione e della fatica di smettere.
E’ anche la storia di un padre, commosso dal figlio che parla ad un piccolo amico non del tennista, ma del LIBRO che papà sta scrivendo.
“Spero che lui e sua sorella siano altrettanto orgogliosi di questo libro tra dieci, trenta e sessanta anni. L’ho scritto per loro, ma rivolgendomi a loro. Spero che li aiuti a evitare alcune delle trappole in cui sono finito io. Non solo, spero che sia uno dei molti libri che gli daranno conforto, guida, piacere. Ho scoperto tardi la magia dei libri. Dei miei tanti errori che vorrei che i miei figli evitassero, questo è quasi in cima alla lista.”
Confermo, questo libro è vero almeno quanto è magico.

Bookcity Milano 2016

#BCM16Sabato alle 12:30 siamo andati in scena al Digital Studio del Teatro Franco Parenti per l’evento “BiblioShare presenta: libri, il piacere di condividere“.
Nei primi 7-8 minuti si è svolta la performance artistica di Mariano Bellarosa ed Ilaria Cremonesi, artisti della Brigata Topolino e iscritti alla community di San Donato Milanese, dal titolo “la lettura abbatte le barriere generazionali”. L’anziano legge un tradizionale libro di carta, mentre la giovane utilizza un book reader elettronico. I due, seduti vicini su una panchina, iniziano a spiarsi, a osservarsi furtivamente e reciprocamente, per poi comprendere che leggere con un ereader o su un libro tradizionale è comunque un momento di cultura e miglioramento reciproco. Il tutto senza pronunciare una parola e con una gradevole colonna sonora in sottofondo.
Qui il link al canale Youtube di Recsando con il video della performance artistica.
Roberta Bulgari, prima iscritta alla prima community di BiblioShare e protagonista di primo piano nella nascita di Biblioshare, ha poi presentato gli ospiti:
Paolo Pisani, ideatore e sviluppatore della piattaforma, ha spiegato brevemente come è nata l’idea e come funziona il sistema, oltre a fornire qualche numero, relativo alla prima community nata, quella di Milano Rogoredo Santa Giulia: oltre 200 iscritti a leggera maggioranza femminile, oltre 10.000 volumi catalogati, dei quali due terzi messi a disposizione da donne.
Susanna Loi, identificata come “scambista”, ha raccontato del suo primo scambio di libri: un incontro che doveva essere rapido e veloce si è dilungato per l’intera mattinata del sabato, con la scoperta reciproca tra le due persone che si erano incontrate, di affinità e interessi comuni, e di un rapporto che non si è concluso con quell’incontro, ma che è tuttora vivo.
Barbara Bortolini ha fortemente contribuito all’apertura della community di Milano Porta Romana; al suo attivo ha il record di libri messi a disposizione: ben 84! Ci ha ricordato che, come ha scritto Umberto Eco in “Come si fa una tesi di laurea”, “i libri si rispettano usandoli, non lasciandoli stare”; Biblioshare, evidentemente, è un buon modo per rispettare i libri.
Barbara, che ha fatto conoscere Biblioshare anche presso il suo luogo di lavoro, il Centro Diurno-Dipartimento Salute Mentale dell’Azienda Ospedaliera Santi Paolo e Carlo, ha illustrato il progetto “Biblioteca Conca del Naviglio“, che pone tra gli obiettivi quello di favorire l’integrazione sociale e il recupero dei cittadini con disagio psichico. E’ stata accompagnata anche da alcuni pazienti aderenti al progetto che sono intervenuti con una loro testimonianza.
Il presidente di RecSando – la rete civica di San Donato Milanese e del sud est Milano recentemente insignita della benemerenza civica dal Comune per l’impegno profuso in 20 anni di attività culturali sul territorio – Fabrizio Cremonesi ha esposto le ragioni per le quali ha supportato dall’inizio la diffusione di Biblioshare a San Donato e a San Giuliano Milanese, parlando degli ultimi eventi realizzati.
Stefano Bianco, ex presidente del Comitato di Quartiere Milano Santa Giulia, appassionato lettore di narrativa e di saggistica, ha promosso l’utilizzo del chiosco del Parco Trapezio come minibiblioteca connessa al circuito Biblioshare; la biblioteca – circa 500 volumi – è frutto di una donazione di un ex membro del direttivo del comitato.
Anna Bernazzani, studentessa al primo anno delle superiori, scrittrice e blogger di Biblioshare, ci ha raccontato della sua passione per i siti di fan fiction ed ha letto un suo breve racconto, “la memoria e lo spaventapasseri“.
Roberta Pezzulla, referente dell’area sociale in Metropolitana Milanese, che da fine 2014 gestisce le case popolari di Milano, in qualità di coordinatrice di progetti speciali, per il contrasto al degrado urbano e sociale e per la valorizzazione di risorse in ambito territoriale, ha parlato della reciproca volontà di collaborare con Biblioshare per la realizzazione di un progetto comune nelle case popolari, a partire dal complesso di case di via Pastonchi.
Infine Serena Dal Cin, impiegata presso la filiale italiana della VF Corporation, ha fortemente voluto la creazione della neonata community VF Milano, la nostra prima community aziendale, e ci ha raccontato di come questa differente modalità di rapportarsi ai colleghi riveli peculiarità delle persone inaspettate e utili al miglioramento del rapporto interpersonale.
libri, il piacere di condividere
Complimenti a Bookcity e al Comune di Milano dunque, che hanno organizzato questa manifestazione che ha pervaso con mille e più appuntamenti la città, sempre più belli ed interessanti, e complimenti alla nostra squadra, che ha fatto conoscere di più la nostra piattaforma condivisa, socializzante, inclusiva, innovativa e tecnologicamente all’avanguardia.

Nei prossimi appuntamenti su questo blog approfondiremo alcuni degli interventi di questa giornata.
#BCM16

Rendi la lettura un’ESPERIENZA PIÙ AMPIA, non limitata al padrone del libro

Anna, come già da due lunedì, continua ad illustrarci il suo modo di interpretare il nostro manifesto. Oggi è la volta del punto 9: “Rendi la lettura un’ESPERIENZA PIÙ AMPIA, non limitata al padrone del libro”.

La Memoria e lo Spaventapasseri
20161106scarecrowChiunque avesse visto una strana creatura scivolare per le strade raccogliendo, con una carezza, piccole biglie e piume sparse a terra, mai avrebbe immaginato si trattasse della Memoria. Eterea, dal lungo corpo senza gambe di un chiarissimo azzurro luminoso, usciva col buio ad afferrare tutto quello che le persone lasciavano indietro.
Se li teneva per sé, conservandoli in una tasca invisibile, da osservare di quando in quando.
Una notte la scia di perle la portò in un campo.
Si inoltrò tra le spighe come un soffiò di vento, afferrando tutti i luminosi ninnoli che trovava.
E la strada le fu sbarrata dallo Spaventapasseri curioso.
Rimasto a fissare il grano fino alla nausea, si chinò sul suo volto umano, chiedendole un ricordo.
Memoria guardò le migliaia di biglie nelle sue mani, indecisa sul da farsi.
Il ragazzo di paglia allora intonò un canto.
Parlava del sole e del fracasso, dell’oro e del granito, del sudore aspro di centomila contadini e della differenza tra ogni stagione.
Descrisse un uomo che mieteva, una donna indaffarata, un ragazzo che fissava il cielo.
La Memoria ascoltò, rapita.
Non aveva mai saputo di quel che accadeva di giorno.
Poi, timida, gli si arrampicò sulle spalle, avviluppandovi la coda. Gli occhi trasparenti puntati su quelli di bottone dell’altro, mormorò cauta di voler cantare insieme a lui.
Non aveva mai provato, prima.
Le loro voci si alzarono all’unisono inondando di note la valle fino all’alba. Poi l’eterea figura sparì nel suo antro.
Ai piedi del fantoccio rimasero centinaia di perline argentee in cui si rifletteva un mondo a lui sconosciuto.
Spaventapasseri le afferrò, guardandole una ad una.
Imparò delle stelle e del silenzio, dell’argento e del diamante, dell’allegro cinguettio di un pappagallo e del fuoco di una candela.
Scoprì un bimbo che correva a scuola, un nonno assopito, una ragazza che scriveva.
E sorrise con la bocca disegnata.

manifesto 9