#Donne e il potere della parola

Oggi, nella festa della donna, voglio parlarvi di un libro letto da poco.
VOX (di Christina Dalcher, casa editrice Nord) è una storia distopica e agghiacciante, un’utopia al rovescio che nessuna donna vorrebbe vivere, soprattutto se ha conosciuto un altro modo di stare al mondo.
Dopo le ultime elezioni presidenziali la cultura e la vita sociale delle donne vengono condizionate da scelte religiose e politiche ben precise, per certi aspetti simili a quelle di un paese islamico.
Solo che siamo in America. Solo che non è una scelta delle donne.
Quando il Movimento per la Purezza va al potere le donne si vedono progressivamente sottrarre ogni tipo di libertà. L’abbigliamento deve essere casto e dignitoso, non possono lavorare e devono dedicarsi esclusivamente alla cura della famiglia e della casa. L’istruzione scolastica viene diversificata tra generi: i bambini vengono educati diversamente dalle bambine. Le relazioni omosessuali sono condannate. Se manca il latte in frigo non puoi chiedere al tuo figlio maschio di andare a comprarlo, perché è un compito da femmine.
Jean, come le altre, può pronunciare al massimo 100 parole al giorno. Anche la sua bambina di sei anni porta il braccialetto conta parole, e non può imparare a leggere e scrivere.
Gli uomini non se la passano tanto bene neanche loro: devono lavorare il doppio per garantire lo stesso tenore di vita a cui la loro famiglia era abituata.
Così man mano che si sviluppa la storia, il potere persuasivo di una politica violenta, estremista e cieca sembra prendere il sopravvento, riportando l’America a una sorta di Medioevo sociale, cancellando diritti acquisiti in centinaia di anni.
Inaspettatamente, la competenza professionale di Jean diventa indispensabile per una segreta e importantissima missione governativa: da qui partirà la sua occasione per ribellarsi.
Jean, prima giovane studentessa disinteressata alla politica, convinta che certe cose non sarebbero mai accadute, poi madre ed eccellente professionista vive un “impossibile” che si trasforma in “improbabile” e poi in oppressiva realtà.
Questa storia incredibile ci avverte di quanto possa essere insidioso vivere passivamente, nasconderci dietro gli alibi delle cose improbabili e del nostro approccio impotente: “non posso farci niente”. Ci esorta a occuparci di noi stessi e degli altri, a non vivere nel disinteresse di quello che ci succede. La comunità, che sia gruppo, paese o stato, non è un ente astratto. Siamo noi.
394 parole.
Limite di 100 ampiamente superato.
E ho detto ben poco su quello che ci sarebbe da dire.

Il Mazzini che non ti aspetti: Equi.Libri in Corvetto e Biblioshare a braccetto (fa pure rima … ;-D )

Il Mazzini che non ti aspetti - Via Mompiani 1Sabato scorso, 22 settembre, si è svolta la manifestazione “Il Mazzini che non ti aspetti”, con concerti, eventi ludici e culturali organizzati in tre cortili di case popolari nel quartiere Mazzini a Milano.
Francesca, membro del direttivo di Equi.Libri, ci ha invitato nel cortile di Via Mompiani 1.
Entri dal portoncino di una casa popolare, senza aspettarti niente, e trovi un cortile con verde curato, una piccola “agorà” con gradinate al centro, e facciate interne decorate con una greca blu. E già ti stupisci. Poi un pubblico ridotto ma interessato arriva alla spicciolata, qualche signore anziano, riconosco una signora della Banca del Tempo, pochi ragazzi e un paio di bambini, un uomo sulla quarantina, un signore arabo che ti racconta dei suoi quattro figli che vanno a scuola e hanno bisogno di libri per studiare.

Francesca racconta, veloce e puntuale, di come ci siamo conosciuti e mi chiede di spiegare perché e come è nata Biblioshare.

E cosi racconto. Non mi stancherò mai di dirlo, è stato un regalo personale di Paolo che, in un momento in cui aveva poco lavoro, mi ha regalato una piccola grande biblioteca condivisa tra vicini di casa. Condividi i tuoi libri e conosci chi vive vicino  a te.
Semplicemente – ma non è poco! – mi ha regalato la possibilità di prestare e farmi prestare libri, e di conoscere persone.

Francesca ed io raccontiamo e spieghiamo la differenza con il Bookcrossing di Equi.Libri, che ha diversi punti di raccolta nel quartiere Corvetto. Puoi passare dal panettiere o al chiosco in piazza, prenderti un libro o lasciarne uno in regalo per il prossimo passante, oppure cercare proprio quel libro nella lista della community di Biblioshare, metterti in contatto col padrone del libro, darti un appuntamento al bar o davanti a scuola e conoscere una persona nuova. Una tra le tante, magari l’hai già incrociata al mercato rionale o dal giornalaio, ma con lei non hai mai parlato di niente. Ora invece hai sicuramente qualcosa da dire, su quel libro che vi accomuna,  perché, se hai scelto un suo libro, qualcosa in comune di sicuro ce l’avete. Questa mezz’ora vola via veloce, tra sorrisi, domande e risposte. Sedute per terra, Francesca ed io, parliamo e scherziamo con queste persone, uniti solo dai libri.
Un piccolo miracolo.

Amami

Amami, per quello che ero.
Per il mio seno grande
che rapiva i tuoi occhi
e ha nutrito i tuoi figli.

Per la vita sottile
che il tuo braccio ancora
circonda
a reggere il mio peso,
oppure a sostenersi.

Per le mie gambe forti
che camminano al tuo fianco,
con passo svelto o lento,
dipende dall’ umore.

Per il mio sorriso aperto
che a volte si rannuvola,
specchio di gioie,
e di delusioni.

Amami, per quello che sarò.
Per il mio cuore di bambina,
che ancora insegue sogni.

Per le nuove rughe
che scrivono il mio viso,
mappa di strade percorse insieme.

Roberta

Se questo è un uomo

“Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c’è, e non è pensabile. Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga.”
Non più scarpe, né abiti, né capelli, né nomi.
Primo Levi racconta, sempre, drammaticamente, il tentativo di cancellare tutto, di lasciare il nulla. Di azzerare l’esistenza di un popolo, di negarne la stessa nascita.
Cancellare, cancellare, cancellare.
Un forno trasforma tutto in una cenere opaca, celebrando l’irriconoscibile.
E’ finita, i campi di concentramento sono chiusi, le vittime e gli aguzzini stanno scomparendo poco a poco, mentre il tempo scorre entrambi invecchiano e muoiono, ache ci serve un giorno dl ricordo?
E’ successo allora, si è ripetuto ancora in forme diverse e su altre persone. Ogni volta che una persona perde il diritto di essere se stessa, è una piccola o grande, ma infame Shoa.
Credo che questo sia uno dei motivi per cui, mai, dovremo dimenticare.
Credo che questo sia un motivo per ricordarlo, con molto rispetto, sempre, anche ai nostri figli.
Fermiamoci un attimo, e ricordiamo. Per scongiurare la nascita di nuovi mostri che solo pensino di poter cancellare altre persone.

se questo è un uomo

10 maggio 1933

Berlino: memoriale al rogo dei libriNel lontano 1933 la Germania nazista pianifica e mette in atto in varie zone del Paese i cosiddetti Bücherverbrennungen, roghi nei quali vengono bruciati tutti i libri che non rispondono ai canoni dell’ideologia nazista.
In varie città della Germania, vengono così svuotate le biblioteche delle principali città universitarie tedesche, dando corso al più vasto e premeditato incendio di libri della storia contemporanea.
Il rogo più grande, anche in termini simbolici, brucia il 10 maggio nell’Opernplatz di Berlino, oggi Bebelplatz, con l’obiettivo di cancellare per sempre qualunque pensiero ostacolasse il nuovo spirito tedesco.
Nello stesso giorno il gerarca nazista Joseph Goebbels afferma, in un discorso pubblico, che i roghi sono un ottimo sistema per “eliminare con le fiamme lo spirito maligno del passato”.

Purtroppo la storia non insegna: basti ricordare che altri ci avevano già provato nel periodo dell’Inquisizione, con i libri messi all’Indice. Ma soprattutto ci hanno provato ancora dopo il 1933: per esempio durante il colpo di stato del ’73 nel Cile di Pinochet e nel recente passato da parte del famigerato stato islamico di Iraq e Siria, l’ISIS.

I tedeschi ricordano, invece, e lo fanno con un particolare monumento al libro posto proprio in quella piazza: una sorta di cubo sotterraneo, visibile dalla pavimentazione stradale grazie ad una lastra di vetro, arredato di vuoti ripiani bianchi. Per non dimenticare.

I libri ci servono per pensare, confrontarci, sviluppare senso critico, sognare e magari costruire un mondo migliore.
Questa sera accendi una luce, una fiamma simbolica, che sia una candela o la tua abat jour. Per leggere e per ricordare.

dal Talmud a tutte le donne

Biblioshare dedica questo passo del Talmud a tutte le donne, ma anche a tutti quegli uomini che sanno che l’uguaglianza di diritti passa anche attraverso le loro diversità.
festa della donna
State molto attenti a far piangere una donna perché Dio conta le sue lacrime.
La donna è uscita dalla costola dell’uomo, non dai piedi perché dovesse essere calpestata, né dalla testa per essere superiore, ma dal fianco, per essere uguale.
Un po’ più in basso del braccio, per essere protetta.
Dal lato del cuore, per essere amata.

dal Talmud ebraico, testo sacro dell’ebraismo
Buon 8 marzo! Buona festa della donna!

… se un libro ti prende è come una droga

leggere è come drogarsiChiariamo subito una cosa: leggere è un piacere e non un dovere, almeno quando sei uscito dallo status di studente.
Gianni Rodari diceva che “il verbo leggere non sopporta l’imperativo”.
In effetti leggere non è sinonimo di studiare, anche se c’entra con l’imparare.
Pennac, nel suo famoso decalogo del lettore, cita per primo “il diritto di non leggere”.
E ci dice anche che abbiamo il diritto di leggere ovunque.
Alcune persone non possono leggere se non sono in un ambiente confortevole, riservato, silenzioso. Sono disturbate dal rumore, dalle interruzioni, da ogni minimo ostacolo alla propria concentrazione.
Altre leggono in condizioni estreme estraniandosi completamente dal mondo : cullati dal rumore del treno, in viaggio di piacere o da pendolari, oppure al parco tra urli e schiamazzi di ragazzini.
Leggono nelle sale di aspetto e nelle stanze di ospedale, o appesi ad una maniglia della metro in equilibrio precario.
Leggono smozzicando un panino seduti alla scrivania nell’intervallo, ma anche camminando per strada con il rischio di pericolose collisioni coi passanti.
La verità è che se un libro ti prende è come una droga.
Ti cattura irreparabilmente e non riesci a staccarti, con rammarico interrompi la lettura dopo avere rimandato il più possibile il momento della sospensione di questa pratica.
Così un giorno preferisci il bagno alla doccia, perché nella vasca si può leggere.
Oppure una sera fai le due di notte perché devi finire un pezzo veramente avvincente, nonostante la mattina dopo ti svegli rimbambito ma sognante, perché ti sei addormentato bene, con la testa piena della storia che stai leggendo e ancora vuota delle tue quotidiane preoccupazioni.
E viaggi con il tuo libro ovunque tu vada e qualunque cosa tu faccia, perché prima o poi troverai cinque minuti per proseguire…

Natale, metti un libro al posto del superfluo, ed il superfluo diventa utile

distributore di libri a Natale
Lo scorso Natale l’editore Bastei Lübbe ha avuto un’idea a dir poco eccezionale.
Non sono solo i libri già letti che rischiano di prendere polvere da qualche parte nelle nostre case, ma anche i regali di Natale.
Uno degli aspetti tristi di questa festa è che a volte riceviamo regali inutili, non richiesti o semplicemente non apprezzati, che finiscono per essere abbandonati in qualche angolo della casa o del box, nella speranza di un “riciclo” futuro.
Un frullino, un paio di ciabatte troppo grandi, un maglione del colore che proprio non sopportiamo, finiscono per essere abbandonati in qualche angolo.
Quell’oggetto che non useremo mai avrebbe una vita ed un utilizzo migliore, dato a chi non si può permettere il lusso di scegliere e scartare.
Così l’editore illuminato, in collaborazione con la catena di librerie Hugendubel, lo scorso anno ha avuto un’idea decisamente particolare: creare un distributore che, in cambio di un regalo indesiderato, eroga un libro della casa editrice tedesca.
Lo scorso Natale l’iniziativa è stata un successo: la macchina distributrice ha girato in tournée alcune grandi città tedesche come Monaco di Baviera, Ingolstadt e Norimberga.
I libri sono i regali migliori” era il motto di questa iniziativa, che faceva guadagnare tutti: la casa editrice e le librerie in pubblicità, ottenendo una grande visibilità a prezzi decisamente contenuti, i lettori, scambiando regali non graditi con cibo per l’anima, e le associazioni, impegnate nella beneficenza con oggetti da distribuire alle persone in difficoltà.
Con il distributore o no, sarebbero iniziative da imitare, non solo a Natale.

Open (minded)

Open Agassi Biblioshare
Di solito non leggo le autobiografie degli sportivi. Non perché la loro vita non sia interessante, ma perché credo che gliela scrivano altri e inevitabilmente ci mettano un filtro.
Così, se sono in una libreria, succede che passo oltre, curiosando tra altri generi su altri scaffali.
Devo ammettere che ho una sorta di pregiudizio sulle storie dei grandi campioni.
Non sono nemmeno particolarmente appassionata di tennis, ma un amico mi ha detto “leggilo, è un libro bellissimo”. Aveva ragione.
Ve lo spiego partendo dalla fine.
Nei suoi ringraziamenti Andre Agassi spiega di aver chiesto molte volte a J.R. Moehringer di mettere il suo nome su questo libro, ma il giornalista e scrittore gli ha risposto che non era il caso di apporre la sua firma sulla vita di un altro.
Questo è il libro di Andre, della sua gente, della sua famiglia, delle sue battaglie, delle imposizioni del padre che l’ha spinto ossessivamente a usare il suo talento.
Delle sue ribellioni di adolescente, degli short di jeans e del taglio con le meches da mohicano, dell’orecchino nascosto col cerotto tipico dei mille adolescenti che cercano la loro identità.
Dell’uomo che, trentaseienne, prima di sfidare Baghdatis riflette sulla sua pelata e sui capelli fluenti del suo avversario, su quanto è inquietante guardarlo, in un corpo ventenne, che fa stretching prima della sfida mentre lui ha ovattato il dolore lancinante alla schiena con un’iniezione di cortisone e ha chiuso i suoi calli in ciambelle di gommapiuma.
E’ la storia di una vita intensa, fatta di vittorie, di lacrime e sudore, di dolore fisico e mentale, della fatica di diventare un campione e della fatica di smettere.
E’ anche la storia di un padre, commosso dal figlio che parla ad un piccolo amico non del tennista, ma del LIBRO che papà sta scrivendo.
“Spero che lui e sua sorella siano altrettanto orgogliosi di questo libro tra dieci, trenta e sessanta anni. L’ho scritto per loro, ma rivolgendomi a loro. Spero che li aiuti a evitare alcune delle trappole in cui sono finito io. Non solo, spero che sia uno dei molti libri che gli daranno conforto, guida, piacere. Ho scoperto tardi la magia dei libri. Dei miei tanti errori che vorrei che i miei figli evitassero, questo è quasi in cima alla lista.”
Confermo, questo libro è vero almeno quanto è magico.